Palomar apriva il rubinetto del lavello e immediatamente una miriade di piccole formiche si manifestava tra i piatti e le forchette. Come di fronte ad una catastrofe naturale gli umani corrono a perdifiato urlando e cercando di salvare la pelle, così i piccoli insetti in questione si muovevano rapidamente a ritroso lungo il loro percorso verso la salvezza mentre schizzi e gocce piombavano dall'alto senza pietà e senza logica. Organizzate nella classica fila indiana, uscivano una ad una dalla conca mortale e poi sul bordo del ripiano per giungere al muro e infine su nel soppalco, perdendo il contatto visivo con Palomar. Lui s'era fermato ad osservare l'evento, senza aumentare il getto e cominciare a lavare i piatti ma anche senza diminuirlo o chiuderlo per permettere loro una fuga più facile. S'era ritrovato ipnotizzato nel suo ruolo di spettatore dalle capacità divine che, sospendendo completamento il giudizio critico, aspetta il susseguirsi degli eventi con la
Palomar sedeva su una roccia color del cielo, intorno una fitta bianca soffice nebbia impediva lo sguardo. Mangiando una mela ecco arrivare Incandenza, era alto e sorridente. I piedi toccavano terra solo grazie a lunghe radici brune che, partendo dalle dita, si moltiplicavano all'infinito. <Andiamo?> disse il nuovo giunto. <Dove?> chiese Palomar. <Vedi quella curva dorata che fischia questa musica soave?> <Posso solo sentirla...credi che esista davvero?> <Mai come ora> disse Incandenza, e si mise a camminare. I due respiravano la nebbia dalle narici, depurandola del suo mistero, restituendola pura e trasparente dalla bocca. <E' un piacere mutare> osservò Palomar, aspettando la risposta di Incandenza, il quale disse <Cambiare fa parte delle cose>. Tuoni lontani correvano nuvole dalle forme umane, alte sopra di loro, e loro le spostavano con il cenno di una mano. Indice e pollice strizzavano gli occhi mentre il mignolo rimaneva