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Palomar e l'uomo nell'alto grattacielo (Kuala Lumpur - 14/12/2010)

Kuala Lumpur è stupefacente, pensava Palomar.
Una apparente piccola metropoli che non perde tempo in convenevoli, ma va dritta al punto.
L'ironia è che l'occhio tende a vagare nell'atto di guardare: al centro percorre le numerose linee e curve che compongono l'intricato ma efficiente piano urbanistco, alti grattacieli che improvvisamente si piegano in vele architettoniche, corridoi pedonali coperti da tetti vitrei rilucenti di luci bluastre, cerchi semicerchi e spirali stradali che fanno  fluire un traffico di macchine mai ferme, un non traffico; e in posti come Chinatown lo sguardo si fa curioso invece che sorpreso, si infila nei vicoli bui dove mercanti dagli occhi a mandorla se ne stanno seduti sui talloni mentre espongono i più disparati e spesso inutili oggetti mai visti (un massaggiatore-stimolatore della circolazione sanguigna per i piedi, vetusto come può esserlo un Commodore 64, fa da esempio).
Resta da capire, pensava Palomar, cosa ha portato paesi come la Malaysia o Singapore ad un tale ammirevole sviluppo. Condividono con l'India il clima tropicale e l'occupazione di un paese straniero fino a tempi recenti.
Eppure sembra un altro mondo.
C'è tutta la spietata e forse spaventevole efficienza della Cina metropolitana...o di un Nazismo postmoderno.

Seduto ad una panchina del modernissimo e agorafobico centro cittadino, Palomar pensava questo e ad altro.

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