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Palomar e la scala di riferimento (Mumbai - 3/7/2011)

Palomar apriva il rubinetto del lavello e immediatamente una miriade di piccole formiche si manifestava tra i piatti e le forchette. Come di fronte ad una catastrofe naturale gli umani corrono a perdifiato urlando e cercando di salvare la pelle, così i piccoli insetti in questione si muovevano rapidamente a ritroso lungo il loro percorso verso la salvezza mentre schizzi e gocce piombavano dall'alto senza pietà e senza logica. Organizzate nella classica fila indiana, uscivano una ad una dalla conca mortale e poi sul bordo del ripiano per giungere al muro e infine su nel soppalco, perdendo il contatto visivo con Palomar. Lui s'era fermato ad osservare l'evento, senza aumentare il getto e cominciare a lavare i piatti ma anche senza diminuirlo o chiuderlo per permettere loro una fuga più facile. S'era ritrovato ipnotizzato nel suo ruolo di spettatore dalle capacità divine che, sospendendo completamento il giudizio critico, aspetta il susseguirsi degli eventi con la
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Nulla di questa vita è mai abbastanza (Hanoi - 8/4/2011)

Palomar sedeva su una roccia color del cielo, intorno una fitta bianca soffice nebbia impediva lo sguardo. Mangiando una mela ecco arrivare Incandenza, era alto e sorridente. I piedi toccavano terra solo grazie a lunghe radici brune che, partendo dalle dita, si moltiplicavano all'infinito. <Andiamo?> disse il nuovo giunto. <Dove?> chiese Palomar. <Vedi quella curva dorata che fischia questa musica soave?> <Posso solo sentirla...credi che esista davvero?> <Mai come ora> disse Incandenza, e si mise a camminare. I due respiravano la nebbia dalle narici, depurandola del suo mistero, restituendola pura e trasparente dalla bocca. <E' un piacere mutare> osservò Palomar, aspettando la risposta di Incandenza, il quale disse <Cambiare fa parte delle cose>. Tuoni lontani correvano nuvole dalle forme umane, alte sopra di loro, e loro le spostavano con il cenno di una mano. Indice e pollice strizzavano gli occhi mentre il mignolo rimaneva

Palomar e le sue prigioni (Phnom Penh - 2/3/2011)

Palomar guardava le foto in bianco e nero di una signora sui 40 anni. Il viso sembrava sereno, disteso; lo sfondo bianco mentre lei indossava una tunica scura, i capelli corti. Palomar non sapeva il nome di quella donna morta una trentina d'anni prima; non portava nemmeno il numero identificativo come tutti gli altri nelle foto lì esposte, e questo non faceva altro che accrescere l'estraneità dell'atteggiamento di lei. Palomar si chiedeva se quel sorriso serafico fosse figlio di ignoranza o completa accettazione del proprio destino; quella sarebbe stata l'ultima foto da viva per quella cambogiana come per tutti gli altri ritratti nelle foto al museo sul genocidio di Phnom Penh. Tra il 1975 e il 1979 i Khmer Rouge, guidati da una folle elìte erudita di ideologia marxista, avevano governato la Cambogia con determinazione e spietatezza. Volevano trasformare il paese in una enorme comune agraria dove ogni compagno doveva spaccarsi la schiena arando e costruendo non secon

A tale of two cities (Luang Prabang - 13/2/2011)

Palomar percorreva la via principale di Luang Prabang, cittadina ex coloniale francese nel nord del Laos, e non poteva fare a meno di provare un crescente malessere. Lo conosceva bene quel malessere, affiorava ogni volta che era in presenza di qualcosa troppo turistico, troppo affollato di flaccidi bianchi in infradito, troppi buoni idioti per metro quadro. Passava senza prestare attenzione ai negozi che lì si affacciavano, ricolmi di cianfrusaglie più o meno autentiche, più o meno fatte a mano, più o meno inutili. File di pantofole e cappellini dagli sgargianti tribali colori si susseguivano in un pattern che pian piano prendeva forma: pantofole, copricapi, oggetti in legno, monete, banconote, Buddha in tutte le forme e posizioni, frullati, baguette, pipe e ancora pantofole, cappelli... Palomar accelerava più o meno involontariamente il passo sino a che si ritrovò alla fine della piccola penisola sulla quale sorge la città, tutt'intorno scorreva il fiume Mekong. Sotto un alb

Palomar s'illumina d'immenso (Ayutthaya - 29/1/2011)

Ayutthaya, in Thailandia, 78 km a nord di Bangkok, è stata una fiorente città stato per circa 4 secoli, fino a che le armate burmensi non la distruggessero nel 18 secolo lasciando le rovine di quella che fu chiamata (come altre città d'altronde) la Venezia dell'Est. Palomar, nell'esercizio educativo di una visita al museo locale, entra senza preparazione in una stanza in penombra, non aspettandosi di trovare tanta ricchezza. Negli anni '50 del 20° secolo, un po' per caso s'era scavato nelle profondità di un "Prang" (torre religiosa, punto centrale del tempio) trovandovi il classico tesoro nascosto: un contenitore rettangolare in pietra di un metro d'altezza custodiva numerosi preziosi in oro sfuggiti ai ladri e ai tombaroli Thailandesi; statue e lamine d'oro raffiguranti animali, oggetti d'uso quotidiano come pettini, bracciali e spade (ovviamente in oro o ricoperti d'oro o impreziositi d'oro) e immagini del Budd

The Hitchhiker's Guide to Malaysia (Butterworth - 30/12/2010)

Palomar sedeva su una striscia d'erba a lato autostrada mentre Incandenza tendeva il suo braccio in linea orizzontale formando così un angolo retto tra questo e il pollice che svettava fiacco verso l'alto; la suddetta geometria fisica serviva a fermare le macchine per un passaggio...o almeno così succedeva nei film, perché erano ormai 3 ore che vedevano scorrere di fronte ai loro occhi macchine, motorini, camion, furgoni, tir e visi...visi su visi che passavano frettolosi, magari sorridenti, ma mai accondiscendenti. La Malaysia risultava essere un eccellente posto per fare l'autostop, lo diceva la guida, ma Palomar non era riuscito a vedere ancora tale cosa in forma pratica. Lui e Incandenza provocavano l'ilarità in molti; quel loro dito proteso e quel cartello con suscritto "Thailand" erano una rara perla di comicità, a quanto pareva. Molti, specialmente in motorino, mimavano il gesto di Palomar facendo l' OK ; forse interpretavano la co

Palomar e il tapiro (Taman Negara - 18/12/2010)

Palomar aveva appena finito il suo sandwich al sugo di tonno offertogli da un simpatico giovane francese. Era alquanto insulso, ma nelle condizioni in cui si trovava il suo spettro culinario d'accettazione s'era alquanto ampliato. Aveva camminato per più di 6 ore nella giungla di Taman Negara, una riserva naturale nel cuore della Malaysia, superando ostacoli d'ogni genere: spine, fiumi, pioggia, fango, sanguisughe, e il suo stesso crescente sconforto. All'entrata del parco gli era stato detto che si poteva arrivare al rifugio in cui ora si trovava anche in 4 ore; niente di più falso, perlomeno per uno nelle sue condizioni psico-fisiche. Ben presto lungo il cammino aveva abbandonato la velleità del fotografo naturalista e aveva riposto la reflex in una busta per difenderla dalla pioggia leggera ma incessante. Quello che non aveva potuto mettere da parte era stata la stanchezza e i capitomboli giù per scoscese di fango. Parlando con gli altri pr