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A tale of two cities (Luang Prabang - 13/2/2011)

Palomar percorreva la via principale di Luang Prabang, cittadina ex coloniale francese nel nord del Laos, e non poteva fare a meno di provare un crescente malessere.
Lo conosceva bene quel malessere, affiorava ogni volta che era in presenza di qualcosa troppo turistico, troppo affollato di flaccidi bianchi in infradito, troppi buoni idioti per metro quadro.
Passava senza prestare attenzione ai negozi che lì si affacciavano, ricolmi di cianfrusaglie più o meno autentiche, più o meno fatte a mano, più o meno inutili. File di pantofole e cappellini dagli sgargianti tribali colori si susseguivano in un pattern che pian piano prendeva forma: pantofole, copricapi, oggetti in legno, monete, banconote, Buddha in tutte le forme e posizioni, frullati, baguette, pipe e ancora pantofole, cappelli... Palomar accelerava più o meno involontariamente il passo sino a che si ritrovò alla fine della piccola penisola sulla quale sorge la città, tutt'intorno scorreva il fiume Mekong.
Sotto un albero Palomar scorse un cartello, "This way for the village, handycrafts, silk worms and much more. 500 meters". Sentì immediatamente puzza di attrazione turistica, come il villaggio indiano a Disneyland, ma la vista di 3 turisti che provenivano dal misterioso sentiero lo spinse a provare. Percorsi pochi passi si ritrovò subito immerso in una fitta vegetazione, il sentiero scendeva verso il fiume tra cespugli e rocce, sembrava una felice passeggiata. Girato un angolo, un precario ponte di bambù si stendeva dalla penisola all'altra sponda, una visione stimolante che non poteva essere sminuita dalla lettura di un cartello con suscritto "Please, pay 5000 kip before crossing the bridge". Palomar pagò il medievale pedaggio e, una volta sul ponte, rallentò la sua andatura. Il biglietto pagato diceva che i soldi servivano a migliorare il ponte, ma Palomar sentiva che non c'era alcun motivo per farlo; era sì malandato, ma tremendamente delizioso.
Penetrando nella boscaglia dell'altra sponda, sbucò su una strada sterrata con ai lati case in legno e piccoli negozi. Passo dopo passo Palomar si rese conto che passando il fiume aveva fatto un viaggio nel tempo: quella strada doveva essere esattamente come il viale principale di Luang Prabang un centinaio di anni prima, coi suoi venditori in attesa di qualche allocco.
E capì, rammaricandosene, che il male di cui soffriva aveva radici ben più profonde del suo tempo e sospirò rassegnatamente pensando che i viaggiatori del passato dovranno aver avuto le sue stesse delusioni. Mentre pensava ciò, vide alla sua sinistra una stradina e in fondo, il fiume Mekong; decise di andare ad osservare lo scorrere dei flutti sperando che si portassero via i suoi pensieri. Giunto in prossimità della riva, si accovacciò in cima a una piccola discesa alla maniera asiatica (sui talloni) e si mise a guardare la vita avvenire accanto al fiume.
Subito una bambina di 6 o 7 anni sbucò da un angolo e cominciò a salire la scoscesa sabbiosa; era andata a prendere l'acqua al fiume con due secchi che ora portava attaccati alle estremità di un'asticella di legno che a sua volta portava, non senza fatica, su una spalla. Arrivata all'altezza di Palomar, a pochi metri alla sua sinistra, si fermò per riprendere fiato e si sedette sull'asse poggiato sui due secchi.
Palomar guardava estasiato la semplice scena di vita paesana; la bambina sul suo trespolo osservava il fiume come lui, e forse pensava qualcosa di bello o importante come spesso invano lui cercava di fare.
Palomar allora si rigirò verso lo scorrere placido dei flutti, e poco dopo fu felice. Pensò al detto "Siediti sulla riva del fiume e vedrai passare il cadavere del tuo nemico", ma forse era troppo prentendere che un centinaio di turisti francesi affogassero nello stesso istante nel fiume Mekong.

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