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Palomar e il tapiro (Taman Negara - 18/12/2010)

Palomar aveva appena finito il suo sandwich al sugo di tonno offertogli da un simpatico giovane francese. Era alquanto insulso, ma nelle condizioni in cui si trovava il suo spettro culinario d'accettazione s'era alquanto ampliato.

Aveva camminato per più di 6 ore nella giungla di Taman Negara, una riserva naturale nel cuore della Malaysia, superando ostacoli d'ogni genere: spine, fiumi, pioggia, fango, sanguisughe, e il suo stesso crescente sconforto.
All'entrata del parco gli era stato detto che si poteva arrivare al rifugio in cui ora si trovava anche in 4 ore; niente di più falso, perlomeno per uno nelle sue condizioni psico-fisiche.
Ben presto lungo il cammino aveva abbandonato la velleità del fotografo naturalista e aveva riposto la reflex in una busta per difenderla dalla pioggia leggera ma incessante.
Quello che non aveva potuto mettere da parte era stata la stanchezza e i capitomboli giù per scoscese di fango.
Parlando con gli altri presenti nel rifugio aveva appreso che la notte si potevano avvistare animali selvatici; tigri elefanti orsi e uccelli vari lo attendevano nel buio di quel luogo isolato, e la cosa lo rincuorava un po' delle fatiche patite.

Dopo 2 ore di appostamenti, finalmente uno del gruppo se ne uscì, con un filo di voce per non rovinare il momento, <Yes, there it is...>.
Illuminato dal potente fascio luminoso di una torcia, se ne stava un grosso tapiro, fermo in una posizione che offriva a pubblico il proprio fondoschiena.
Un americano, anziano, sorridente ed entusiasta, descrisse fanciullescamente la scena con un <It's a Tapir>.
E dopo aver dato un'altra occhiata col suo binocolo <She came yesterday also>.
Alché Palomar chiese ingenuamente <Oh, and what is she doing?>
< Same as yesterday, licking that salty rock>.
PAUSA
<Yesterday she did it for 2 hours>.
PAUSA
Un forte brivido di violenza non poté fare a meno di scorrere lungo la schiena di Palomar.

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